giovedì 16 settembre 2010

Senza conoscenza non c'e' cultura, senza cultura non c'e' vita"




[Il 16 gennaio 2004] l’ Unione Europea ha aperto un procedimento di infrazionecontro alcuni paesi europei, tra cui l’Italia, "colpevoli" di non aver introdotto la remunerazione degli autori e degli editori per i prestiti effettuati in biblioteca.E’ una misura che si inscrive in un quadro generale di attacco al diritto di leggere e di consumare cultura, musica, informazione. Già la cosiddetta EUCD, con le leggi di armonizzazione derivate, aveva pesantemente limitato le possibilità del diritto di copia e aveva introdotto la logica del consumo a scadenza dei prodotti (così, d’ora in avanti, chi acquisterà un e-book, un sw, un cd, un dvd, non avrà mai la certezza di poterlo utilizzare a distanza di anni o cambiando lettore, computer, palmare: è la civiltà dell’"inchiostro simpatico", come è stata simpaticamente definita).

Anche se non dovesse sortire effetti immediati, la procedura europea ha già ottenuto il risultato di far considerare oggi plausibile ciò che fino a ieri sembrava inconcepibile. Dovremo dunque far pagare i prestiti in biblioteca per ridistribuire royalties agli editori e (in piccola parte) agli autori? Dovremmo sottrarre al già risicato budget di acquisto delle biblioteche pubbliche una quota per il pagamento dei diritti alla SIAE (come è successo per le fotocopie) magari proporzionale al numero di iscritti (come in Francia) o dei prestiti, con il risultato encomiabile di punire le biblioteche più attive ed efficienti? Dovremmo addossare allo stato la spesa, configurando una indiretta tassa sulla lettura, un equivalente moderno della tassa sul macinato?

Tutte queste soluzioni sono ugualmente indigeste. Le biblioteche hanno un’altra concezione del diritto d’autore: esistono e combattono perché gli autori (non solo quelli dei bestseller) siano conosciuti, letti, amati. Perché possano essere conosciuti, letti e amati anche dopo essere spariti dagli ostensori del mercato, dove rimangono per una vita media di soli sei, sette mesi. Le biblioteche hanno un’altra concezione del diritto d’autore: investono in catalogazione, promozione, stoccaggio per permettere agli autori di raggiungere i loro lettori. Esse rappresentano un grande scaffale aperto per l’editoria e per la libertà di informazione. Della loro opinione, vogliamo dire sommessamente ma decisamente, occorrerà tenere conto. A differenza di quanto è accaduto in passato.


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Senza conoscenza non c'e' cultura, senza cultura non c'e' vita" 


Come possiamo definire l'idea, legata ad una direttiva dell'Unione Europa, di far pagare i libri presi in prestito nelle biblioteca, con la scusa di remunerare gli autori? Si tratta certamente di un degrado totale della nostra cultura, soprattutto se consideriamo come sono nate le grandi biblioteche del tempo più antico e l'enorme importanza che hanno avuto. Nel nostro paese, ma si può ben dire in tutto l'Occidente, già abbiamo una popolazione distratta dalla tv, che va in biblioteca con grande timore, addirittura con panico. Pensare di realizzare dei guadagni per coprire determinate spese rivalendosi direttamente sul pubblico rappresenta lo stravolgimento dell'idea stessa di biblioteca pubblica, dove va chi non ha i mezzi per procurarsi i libri. Insomma è un vero atto di inciviltà. 

Senza considerare che tutti gli autori con i quali ho parlato, dai più noti ai meno conosciuti, e ai quali dovrebbero andare i proventi di questo balzello, si sono indignati per questa scappatoia. Il fatto di aver cercato di addossare la responsabilità a loro, perché anche gli scrittori vogliono la loro parte di profitto in più, è una menzogna, grande come una casa. E' un classico quello di cercare di spostare le responsabilità su altri, senza neanche avere il coraggio di prendersi le proprie. Io ho già firmato un documento in cui giudicavo indegna questa cosa, un esempio di inciviltà assoluta. 

Voglio ricordare a questo proposito una scritta che appariva in una casa del popolo, prima della Prima guerra mondiale, nei dintorni di Genova. Su questa targa c'era scritto: «Se un povero ti chiede l'elemosina e tu hai cinque monete le prime tre monete dagliele per mangiare ma le altre due dagliele perché si compri un libro.» E la prima cosa che fecero gli operai fu quella di mettere in piedi le biblioteche. Abbiamo fatto anche uno spettacolo su una di queste biblioteche fondate dalla classe operaia. Ora invece vogliono cancellare tutto questo. Dobbiamo fermare questo ennesimo atto di barbarie!
Senza conoscenza non c'e' cultura, senza cultura non c'e' vita. 

Dario Fo 
questo testo che riassume il contenuto del video è stato pubblicato sul quotidiano "Liberazione" il 15 marzo 2005




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martedì 14 settembre 2010

L'ombra del vento (La sombra del viento) è un romanzo dell'autore spagnolo Carlos Ruiz Zafón.





L'ombra del vento (La sombra del viento) è un romanzo dell'autore spagnolo Carlos Ruiz Zafón. 


Il giovane protagonista, Daniel Sempere, vive col padre libraio a Barcellona, nell’assenza e nel ricordo della madre prematuramente scomparsa. Daniel, che è anche la principale voce narrante del racconto, si sveglia all’alba del suo undicesimo compleanno angosciato per il fatto di non ricordare più il volto della madre. È il 1945. La stessa mattina, il padre lo porta nel Cimitero dei Libri Dimenticati, una labirintica e gigantesca biblioteca, nella quale vengono conservati migliaia di volumi sottratti all’oblio. 
Qui lo invita, secondo tradizione, ad adottare uno dei libri e a promettere di averne cura per tutta la vita. La scelta ricade proprio su "L’ombra del vento" dello sconosciuto autore Julian Carax. Daniel ne è rapito; legge il libro tutto d’un fiato. Il suo entusiasmo lo porta a cercare altri libri dello stesso autore, ma scopre che quella in suo possesso potrebbe essere l’unica copia sopravvissuta di tutte le opere di Carax. Un uomo misterioso, dalle fattezze macabre, da anni ne cerca gli scritti per darli alle fiamme. Si fa chiamare Laìn Coubert e nei libri dello scrittore rappresenta il Diavolo in persona. 
Daniel inizia a indagare sul mistero riportando alla luce storie di famiglie distrutte, amori fatali, infanzie difficili, incondizionata amicizia, lealtà assoluta e follia omicida. Una ricerca che dura un decennio e che accompagna Daniel nella sua crescita, fino a quando diventa un uomo; una ricerca che mette in evidenza tutta una serie di eventi e circostanze simili a quelli della vita di Carax. Un parallelismo che sconvolge e turba. Tutte le vicende e le ricerche di Daniel si intrecciano con la storia della decadente Barcellona, ferita dalla guerra civile e dal franchismo, raffigurata spesso con toni foschi e sotto una battente pioggia. 


Uscito in sordina in Spagna nel 2001, L'ombra del vento è divenuto un caso editoriale premiato da un successo in tutto il mondo, dopo sette anni sono state registrate otto milioni di copie vendute. 


http://it.wikipedia.org/wiki/L'ombra_del_vento







Eccomi, l'ho finito ieri.
Mi è piaciuto parecchio, una sorta di giallo soft molto avvincente.
Dei personaggi del libro ci si affeziona, il personaggio che mi è piaciuto di più  è Fermin Romero de Torres, l'ex 007 tartassato dal dall'efferato, perfido e corrotto ispettore di polizia Javier Fumero
Peccato non ne abbiano fatto un film, in Facebook gruppi di appassionati si stanno unendo chiedendone la  trasposizione cinematografica, e lo sa se qualcuno coglierà l'invito e riuscirà farne un lavoro altrettanto appassionante 




http://www.lasombradelviento.net/ il sito ufficiale in spagnolo dedicato al libro
La mappa dei luoghi raccontati nel libro
http://www.df.lth.se/~jokke/sombra/index.html


http://it.wikipedia.org/wiki/Carlos_Ruiz_Zaf%C3%B3n


mercoledì 1 settembre 2010

La fine delle buone maniere di Francesca Marciano

















La fine delle buone maniere di Francesca Marciano



La fine delle buone maniere, romanzo di Francesca Marciano edito da Longanesi. Due donne occidentali che non potrebbero essere più diverse partono insieme per l'Afghanistan con un compito arduo: fotografare i volti delle donne che si ribellano - a volte anche con il suicidio - ai matrimoni combinati. La prima, Maria Galante, torna così alla carriera di fotogiornalista, che aveva lasciato in un momento di fragilità per rifugiarsi nella sicurezza di uno studio dove preferisce fotografare cibo anziché persone. L'altra, Imo Glass, brillante inviata di guerra inglese, è una seducente 'citoyenne du monde' che parla quattro lingue e sembra non aver paura di nulla. Ad attenderle a Kabul c'è Hanif, interprete riservato ma pieno di risorse che le accompagnerà in una città insidiosa e martoriata, popolata da uomini che di mestiere fanno la guerra: spie, mercanti di armi, bodyguard dai modi brutali, ed ex mujahidin dai modi viceversa squisiti ma dalle mani ancora sporche di sangue. Quando però Maria riesce a puntare l'obiettivo sulle donne di un villaggio sperduto tra le montagne dell'Hindukush - fantasmi velati senza voce né diritti - si trova davanti a una scelta etica e morale dalla quale trarrà nuova consapevolezza. Francesca Marciano ci regala un racconto di prepotente impatto visivo e insieme di intensa introspezione, una storia che parla di vulnerabilità e di violenza, che emoziona e fa riflettere su cosa accade davvero tra uomini e donne quando cultura, nazionalità e religione non contano più nulla e vale solo la legge del più forte.Maria, una fotoreporter che a seguito di una delusione sentimentale ed una altrettanto profonda crisi interiore , si dedica a fotografare cibi " di qualità" per riviste del settore piuttosto che dedicarsi alla propria passione , la fotografia in zone " calde" del pianeta.Le portate di " alta cucina " offrono a Maria la possibilità di non abbandonare del l'obiettivo e, nello stesso tempo, la proteggono in uno spazio chiuso, ovattato che, se non dà brividi, sicuramente preziose sicurezze. Arriva però l'occasione tentatrice, una famosa giornalista freelance inglese, Imo Glass, la vuole assolutamente al suo fianco in Afghanistan per realizzare un reportage importante quanto delicato: riuscire a fotografare la disperazione delle ragazze afghane che, sopprattutto nelle zone rurali, preferiscono darsi alle fiamme piuttosto che andare in sposa a uomini tre volte più grandi di loro, scelti dai padri e come i padri violenti ed impietosi.


Maria, dopo un corso intensivo di una settimana nei dintorni di Londra dove viene addestrata a vivere situazioni estreme, a conoscere ed usare le armi, a approntare i primi soccorsi in caso di scontri a fuoco partirà con IMO alla volta di Kabul. Imo è una donna completamente diversa da Maria, sudamericana adottata da una coppia di inglesi, poliglotta, appassionata di battaglie civili sembra invincibile.

Maria è piena di dibbi e di domande, Imo sembra avere tutte le risposte. Kabul è la coprotagonista del libro: il cielo che si apre fino a diventare turchese che contrasta con il grigio della polvere delle strade, dei palazzi crivellati dai colpi , e poi la gente, sempre indaffarata, sempre di corsa. Hanif farà loro da interprete e da guida in questa impresa tutt'altro che facile. Le donne, per legge coranica, non possono essere rappresentate e, dunque, meno che mai fotografate e così quando giungono nel paesino dove Zuleya, una diciassettene si è data alle fiamme, Maria scopre che non la può fotografare e, comnunque anche lei è perplessa davanti all'ostilità delle donne; quele donne che vivono un'altra realtà cui sono avvezze da secoli. E qui Maria si porrà due domannde fondamentali: tutto questo accanimento per le fotografie servirà solo per un buon articolo a diffusione mondiale ma, a queste donne, sarà utile? E se a un afghano che lavora a Londra capitasse di sfogliare un giornale e riconoscerne qualcuna cosà accadrà loro?

Da un lato dunque i dubbi, legittimi , di Maria, dall'altro l'opinione di Imo " Siamo venute fin qui perchè vogliamo portare nel mio paese non solo la loro voce ma anche il loro volto, perchè non siano solo dei fantasmi ma delle persone vere. ..Se le donne afghane resteranno nascoste ancora dietro il velo saranno sempre e solo fantasmi ed i fantasmi non esistono....."



Un passo del libro su cui riflettere


Malik dice che voi occidentali vi sentite superiori perchè le donne da voi non portano il velo, ma non avete ancora capito che le nostre donne scelgono di coprirsi perchè nella nostra società, l'aspetto fisico di una donna non deve interferire con il suo posto nella società. .....

Nella nostra cultura una donna invecchiando acquista saggezza e valore, mentre per voi le donne brutte e vecchie non valgono nulla, sono da buttare....

Dice che anche per voi il valore di una donna è solo nella sua apparenza, mentre per noi sta unicamente nella sua anima e nel suo cuore. Secondo il Corano la bellezza di una donna appartiene al suo sposo ed è un dono riservato solo a lui, mentre in Occidente è una merce di scambio che va messa in mostra, come al mercato. ...