lunedì 1 marzo 2010

Fratelli Rosselli citati in Lessico famigliare

Fratelli Rosselli

I fratelli Carlo e Nello Rosselli furono due importanti figure della Resistenza italiana al fascismo.
Vissero a lungo in esilio a Parigi e furono uccisi a Bagnoles-de-l'Orne il 9 giugno 1937 da formazioni locali di estrema destra, molto probabilmente su ordine proveniente dai vertici del fascismo.

Carlo Rosselli (Roma, 16 novembre 1899 – Bagnoles-de-l'Orne, 9 giugno 1937) . Attivista antifascista, prima in Italia poi all'estero; fu il teorico del "socialismo liberale", un socialismo non marxista,riformista, ispirato al laburismo inglese.

Sia la famiglia del padre Giuseppe Emanuele Rosselli che quella della madre, Amelia Pincherle, erano state politicamente attive, nutrendo ideali repubblicani e partecipando alle vicende del Risorgimento italiano: Giuseppe Mazzini era morto nella casa pisana dei Rosselli e un Pincherle fu ministro del breve governo instaurato a Veneziada Daniele Manin.
I Rosselli, di origini ebraiche-toscane, avevano abitato aVienna, dove Giuseppe Emanuele aveva studiato composizione musicale e dove nel 1895 era nato il primo figlio Aldo. In seguito si trasferirono a Roma, dove il padre, rinunciando alle sue aspirazioni artistiche, si dedicò alla vita mondana, mentre la madre ottenne dei discreti successi come autrice di drammi teatrali. Qui il 16 novembre 1899 nacque Carlo e l'anno dopo, il 29 novembre 1900, il terzogenito Nello.
Nel 1903 i due coniugi si separarono: le condizioni economiche della famiglia avevano subito un grave peggioramento a seguito della leggerezza del padre. Amelia si trasferì a Firenze con i tre figli che frequentarono le scuole del capoluogo toscano: Carlo mostrò in quel periodo poco interesse per gli studi e la madre lo ritirò dal ginnasio facendogli frequentare le scuole tecniche. Nel 1911 muore il padre.
L'entrata in guerra dell'Italia, nel 1915, fu accolta con entusiasmo dalla famiglia Rosselli, decisamente interventista. Il fratello Aldo fu arruolato come ufficiale di fanteria e morì in combattimento nel 1916, ricevendo una medaglia d'argento alla memoria. Carlo, ancora studente, collaborava dal 1917 al fogli di propaganda «Noi giovani», fondato dal fratello Nello. In giugno fu chiamato alle armi: frequentò a Caserta il corso allievi ufficiali e venne assegnato nell'aprile del 1918 a un batteglione di alpini in Valtellina. La guerra finì senza che egli avesse dovuto sottomettersi al battesimo del fuoco e venne congedato col grado di tenente nel febbraio 1920. Il contatto con i giovani militari appartenenti ai ceti più popolari fu molto importante per Rosselli e per altri studenti come lui: «apprezzarono la massa [...] furon posti in grado di comprendere tante cose che sarebbero loro certamente sfuggite nel loro isolamento di classe o di professione».
Diplomatosi all'Istituto tecnico, si era iscritto a Firenze al corso di Scienze sociali, laureandosi a pieni voti il 4 luglio 1921 con una tesi sul sindacalismo e si preparò a sostenere anche gli esami di maturità classica per ottenere il diritto di frequentare altri corsi universitari. Tramite il fratello Nello aveva conosciuto Gaetano Salvemini, professore dell'Università fiorentina, che sarà da allora un costante punto di riferimento per entrambi i fratelli. Gli fece rivedere la sua tesi che Salvemini giudicò «non un'opera critica, equilibrata, sostanziosa», ma in essa «era incapsulata un'idea fondamentale: la ricerca di un socialismo che facesse sua la dottrina liberale e non la ripudiasse».
In questo periodo si avvicina al Partito socialista italiano, simpatizzando, in contrapposizione a quella massimalista di Serrati, per la corrente riformista di Turati, che egli conosce personalmente a Livorno, durante il Congresso che sanzione la scissione della frazione comunista, e scrive nella sua rivista «Critica sociale».

Nell'ottobre del 1922 i riformisti vengono espulsi dal Partito socialista e Mussolini sale al potere: in dicembre Carlo è a Torino, dove conosce Giacomo Matteotti, segretario dell'appena fondato Partito socialista unitario, nel quale confluiscono gli ex-riformisti, e Piero Gobetti, frequentando il gruppo della rivista gobettiana «La Rivoluzione liberale», in quel momento fortemente impegnata in senso antifascista, con la quale Rosselli inizia a collaborare dall'aprile 1923.
A Firenze il gruppo dei socialisti liberali che si raccoglie intorno alla figura carismatica di Salvemini - oltre ai Rosselli, vi sono Piero Calamandrei, Enrico Finzi, Gino Frontali, Piero Jahier, Ludovico Limentani,Alfredo Niccoli ed Ernesto Rossi - inaugura nel febbraio del 1923 il «Circolo di Cultura». Qualche mese dopo, il 9 luglio, Carlo si laurea in giurisprudenza all'università di Siena, con la tesi Prime linee di una teoria economica dei sindacati operai e parte per Londra, stimolato dal desiderio di conoscere la capitale del laburismo, di seguire i seminari della Fabian Society e di assistere, a Plymouth, al congresso delleTrade Unions. A Londra vi è anche Salvemini, che tiene un corso sulla storia della politica estera italiana al King's College.
Tornato in Italia in ottobre, grazie anche ai buoni uffici di Salvemini si impiega come assistente volontario nella Facoltà di economia dell'Università Bocconi a Milano, dove trasferisce il suo domicilio. Prosegue la sua collaborazione alla «Critica Sociale» di Turati: in novembre vi pubblica un articolo, invitando il Partito socialista a rompere con il marxismo, che egli giudica espressione di «cieco e toruoso dogmatismo», per mettersi piuttosto sulla linea di un «sano empirismo all'inglese». E nel febbraio del 1924 inaugura la sua collaborazione con la rivista della Federazione giovanile del PSU, «Libertà», scrivendo proprio un articolo sul movimento laburista inglese, e pochi mesi dopo il delitto Matteotti s'iscrive al partito.


Gaetano Salvemini
Rosselli spera invano che in Italia si costituisca una seria opposizione antifascista moderata in grado di offrire un'alternativa politica alle borghesia che guarda con simpatia al fascismo: una di queste potrebbe essere l'Unione democratica nazionale di Giovanni Amendola alla quale aderisce il fratello Nello. In settembre Carlo è in Inghilterra, da dove invia al giornale del PSU, la «Giustizia», le corrispondenze sull'evolversi della situazione politica inglese, successiva alla vittoria elettorale dei conservatori e alla rottura dell'alleanza tra laburisti e liberali.
È pessimista sulle condizioni politiche dell'Italia: la secessione aventiniana non produce effetti, con i suoi sterili tentativi di accordi con il re, con i generali e i fascisti dissidenti. Del resto i fascisti stanno reagendo e lo dimostrano anche devastando, il 31 dicembre 1924, il «Circolo di Cultura» di Salvemini che, come non bastasse, viene chiuso dal prefetto con una singolare motivazione: «la sua attività provoca il giusto risentimento del partito dominante».
Lasciato l'incarico alla Bocconi, Rosselli passa a insegnare Istituzioni di economia politica a Genova. Scrive a Salvemini: «forse non avrà apparentemente alcuna positiva efficacia, ma io sento che abbiamo da assolvere una grande funzione, dando esempi di carattere e di forza morale alla generazione che viene dopo di noi». Appare così, nel gennaio 1925, con la collaborazione di Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Nello Traquandi, Dino Vannucci e di Nello Rosselli, che ne ha proposto il nome, il foglio clandestino «Non mollare».


Tra i redattori di «Non Mollare»
In maggio la denuncia di un tipografo provoca la repressione e la dispersione di alcuni tra i redattori del foglio: Ernesto Rossi riesce a fuggire a Parigi, il Vannucci in Brasile, Salvemini è arrestato l'8 giugno a Roma e denunciato per «vilipendio del governo». In attesa del processo, messo in libertà provvisoria, a causa delle minacce dei fascisti, a luglio passa la notte a Firenze, in casa dei Rosselli, che non sono fra i sospettati: gli squadristi però, venuti a conoscenza del fatto, la devastano il giorno dopo. Scrive Rosselli a Giovanni Ansaldo: «Io sono di ottimo umore e l'altra sera ho financo bevuto alla distruzione compiuta! Se i signori fascisti non hanno altri moccoli, possono andare a dormire: aspetteranno a lungo la mia rinuncia alla lotta».
Ormai è preso di mira dai fascisti, che a Genova lo aggrediscono mentre si reca all'Università e poi disturbano la sua lezione e chiedono il suo allontanamento. Nel luglio del 1926 si attiva infine lo stesso ministro dell'economia, Giuseppe Belluzzo, che chiede il suo licenziamento. Rosselli, a questo punto, preferisce dimettersi e pochi giorni dopo, il 25 aprile, a Firenze, sposa con rito civileMarion Cave, una giovane laburista inglese che era venuta nel 1919 a Firenze a insegnare lingua inglese nel British Institute e fu conosciuta da Rosselli nel 1923 al Circolo della Cultura salveminiano.
I due sposi vivono a Milano, dove Carlo aveva fondato insieme a Pietro Nenni la rivista «Quarto Stato», il cui primo numero era uscito il 27 marzo 1926. La rivista avrà vita breve, venendo chiusa a novembre con l'entrata in vigore della legge sui «provvedimenti per la difesa dello Stato». Scopo della pubblicazione era il tentativo di rappresentare un punto d'incontro di tutte le forze socialiste e di sviluppare temi di politica culturale al cui centro fosse «il perfezionamento della personalità umana» e l'elevamento della «vita spirituale e materiale» dei cittadini. Rosselli si attivava anche nel «P.S.L.I.», il clandestino Partito socialista dei lavoratori italiani, che aveva preso il posto del disciolto P.S.U.
Il confino
Alla fine del 1926 organizza con Italo Oxilia[1], Sandro Pertini e Ferruccio Parri l'espatrio di Turati in Corsica, con un motoscafo partito da Savona. Mentre Turati, Pertini e Oxilia proseguono per Nizza, Parri e Rosselli, ritornati con il motoscafo a Marina di Carrara, vi sono arrestati: Rosselli è accusato anche di aver favorito la fuga di Giovanni Ansaldo, di Claudio Silvestri, di Claudio Treves e di Giuseppe Saragat. Viene detenuto nelle carceri di Como fino al maggio del 1927 e poi inviato al confino di Lipari in attesa del processo.
L'8 giugno nasce suo figlio John e, quando Carlo è ricondotto da Lipari a Savona per essere processato, nell'isola siciliana giunge il fratello Nello, condannato a 5 anni di confino. Al processo, che si apre il 9 settembre, Rosselli si difende attaccando il regime: «il responsabile primo e unico, che la coscienza degli uomini liberi incrimina è il fascismo [...] che con la legge del bastone, strumento della sua potenza e della sua Nemesi, ha inchiodato in servitù milioni di cittadini, gettandoli nella tragica alternativa della supina acquiscenza o della fame o dell'esilio». La sentenza, rispetto alle previsioni, è mite: dieci mesi di reclusione e, avendone già scontati otto, Rosselli potrebbe essere presto libero, ma le nuove leggi speciali permettono alla polizia di comminargli altri 5 anni di confino da scontare a Lipari.
Viene raggiunto a Lipari dalla moglie e dal figlio: la vita al confino trascorre con le letture di Croce, di Mondolfo, dell'epistolario di Marx edEngels e di Kant, ma si prepara anche alla fuga, che viene organizzata a Parigi dall'amico di Salvemini Alberto Tarchiani: il 27 luglio 1929, insieme con Francesco Fausto Nitti ed Emilio Lussu evade dall'isola con un motoscafo guidato dall'amico Italo Oxilia verso la Tunisia, da cui poi raggiungerà la Francia. Nitti narrerà l'avventurosa evasione nel libro Le nostre prigioni e la nostra evasione pubblicato quello stesso anno in inglese col titolo di Escape e in edizione italiana nel 1946, mentre Rosselli racconterà le vicende del confino e dell'evasione in Fuga in quattro tempi.
La moglie Marion, che aspetta la seconda figlia, Amelia, nata il successivo 28 marzo, viene in un primo tempo arrestata per complicità, ma presto è rilasciata.
L'esilio a Parigi. Giustizia e Libertà


Rosselli con Turati
Nel 1929 a Parigi, con Lussu, Nitti, ed un gruppo di fuoriusciti organizzati da Salvemini, è fra i fondatori del movimento antifascista "Giustizia e Libertà". GL pubblica diversi numeri della rivista e dei quaderni omonimi (con cadenza settimanale e mensile) ed è attiva nell'organizzazione di diverse azioni dimostrative, tra cui il volo sopra Milano di Bassanesi (1930).
Nel 1930 pubblica, in francese, Socialisme liberal. Il libro è una critica appassionata del marxismo. È una sintesi creativa del revisionismo socialista democratico (tra gli altri Eduard Bernstein, Turati e Treves) e di quello libertario (come Francesco Merlino e Salvemini). Ma contiene anche un attacco dirompente contro lo stalinismo della Terza Internazionale, che con la formula del "socialfascismo" accomunava socialdemocrazia, liberalismo 'borghese' e fascismo. Non stupisce perciò che uno fra i più importanti stalinisti, Togliatti, definisca "Socialismo liberale" un "magro libello antisocialista" e Rosselli "un ideologo reazionario che nessuna cosa lega alla classe operaia".
Giustizia e Libertà aderisce alla Concentrazione antifascista, unione di tutte le forze antifasciste non comuniste (repubblicani, socialisti, CGL) che intende promuovere e coordinare dall'estero ogni possibile azione di lotta al fascismo in Italia; si iniziano a pubblicare i "Quaderni di Giustizia e Libertà". Dopo l'avvento del nazismo in Germania (1933), GL sostiene la necessità di una rivoluzione preventiva per rovesciare i regimi fascista e nazista prima che questi portino a una tragica guerra, che a GL sembra l'inevitabile destino dei due regimi.
La Spagna e la guerra civile
Nel 1936 scoppia in Spagna la guerra civile tra l'esercito filo-monarchico, che tenta un colpo di stato, e il governo repubblicano del Fronte Popolare. Rosselli è subito attivo nel sostegno alle forze repubblicane, criticando l'immobilismo di Francia e Inghilterra mentre fascisti e nazisti aiutano con uomini e armi gli insorti. Nell'agosto combatte la sua prima battaglia in Spagna, sul fronte di Aragona; cerca poi di costituire un vero e proprio battaglione (intitolato a Matteotti). Nel novembre parla da Radio Barcellona, esortando gli italiani alla lotta antifascista con il motto "Oggi in Spagna, domani in Italia".
Nella prima Brigata italiana che prenderà poi il nome “Colonna Italiana Rosselli” ci sono anche Umberto Marzocchi e Camillo Berneri; Umberto Marzocchi scrive un libro che parla della esperienza comune antifascista di anarchici e di militanti di Giustizia e Libertà, "Carlo Rosselli e gli anarchici". In un discorso alla radio di Barcellona il 13 novembre 1936 [2], Rosselli pronuncia la frase che poi sarà il motto degli antifascisti italiani: "Oggi qui, domani in Italia":
« È con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna. Oggi qui, domani in Italia. Fratelli, compagni italiani, ascoltate. È un volontario italiano che vi parla dalla Radio di Barcellona. Non prestate fede alle notizie bugiarde della stampa fascista, che dipinge i rivoluzionari spagnuoli come orde di pazzi sanguinari alla vigilia della sconfitta. »
L'assassinio
Nel giugno 1937 soggiorna per delle cure termali a Bagnoles-de-l'Orne. Qui è raggiunto dal fratello Nello. Il 9 giugno i due sono uccisi da una squadra di "cagoulards", miliziani della "Cagoule", formazione eversiva di destra francese, su mandato dei servizi segreti fascisti e di Galeazzo Ciano.[3]. I fratelli Rosselli furono sepolti nel cimitero monumentale parigino di Père Lachaise, ma nel 1951 i familiari ne traslarono le salme in Italia, al cimitero di Trespiano, Firenze.
Il pensiero
Il suo unico libro pubblicato mentre era in vita è "Socialismo liberale", scritto durante l'esilio di Lipari, in una situazione di prigionia. Questa opera si pone in una posizione eretica rispetto ai partiti della sinistra italiana del suo tempo (per i quali Il Capitale di Marx, variamente interpretato, era ancora la Bibbia). Indubbiamente è presente l'influsso del laburismo inglese, da lui ben conosciuto. In seguito ai successi elettorali del partito laburista, Rosselli è infatti convinto che l'insieme delle regole della democrazia liberale siano essenziali non solo per raggiungere il socialismo, ma anche per la sua concreta realizzazione (mentre nella tattica leninista queste regole, una volta preso il potere, devono essere accantonate): pertanto, la sintesi rosselliana è "il liberalismo come metodo, il socialismo come fine".
L'idea di rivoluzione della dottrina marxista, fondata sulla dittatura del proletariato (che in realtà già ai tempi di Rosselli si sta traducendo, inUnione Sovietica, in una dittatura del vertice di un solo partito) viene respinta a favore di una rivoluzione che, come si nota nel programma di GL, è un sistema coerente di riforme strutturali mirate alla costruzione di un socialismo che non rinnega, ma anzi esalta, la libertà individuale ed associativa. Nella riflessione degli ultimi anni, Rosselli radicalizza le sue posizioni libertarie alla luce dell'esperienza spagnola (difesa dell'organizzazione sociale di Barcellona compiuta dagli anarchici durante la guerra civile) e dell'avanzata del nazismo.
Rosselli propugna il socialismo liberale: il fine è il socialismo, il metodo il liberalismo, un metodo che garantisce la democrazia e l'autogoverno dei cittadini. Il liberalismo deve svolgere una funzione democratica, il "metodo liberale" è un complesso di regole del gioco che tutte le parti in lotta si impegnano a rispettare, regole dirette ad assicurare la pacifica convivenza dei cittadini, delle classi, degli Stati, a contenere le lotte (peraltro desiderabili se limitate). La violenza è giustificabile per Rosselli come risposta ad altra violenza (per questo lotta contro il franchismo) e sarebbe auspicabile in Italia una rivoluzione violenta in risposta al fascismo; il socialismo è una logica conclusione del liberalismo: socialismo significa libertà per tutti. Rosselli ha fiducia che la classe del futuro sarà la classe proletaria, la borghesia deve fare da guida al proletariato: il fine è la libertà per tutte le classi..

Nello Rosselli (Roma, 29 novembre 1900 – Bagnoles-de-l'Orne, 9 giugno 1937)

Biografia
Nel 1923 discusse con Gaetano Salvemini la tesi di laurea su "Mazzini e il movimento operaio dal 1861 al 1872".
Attività politica
Inizia giovane a far politica nel 1917 fu col fratello tra i fondatori del giornale per studenti "Noi giovani", Nel 1920, con Carlo e Piero Calamandrei, e col patrocinio di Gaetano Salvemini, fondò il Circolo di Cultura, chiuso dai fascisti nel 1925. Fa parte dei fondatori de L'Italia Libera, fra cui Carlo, Enrico Bocci, Luigi Rochat, Dino Vannucci, Nello Traquandi.
Nel 1924 aderì alla fondazione dell'Unione nazionale delle forze liberali e democratiche promossa da Giovanni Amendola, e nel 1925 partecipò alla fondazione del primo giornale antifascista clandestino Non Mollare. Tra il 1923 e il 1927 pubblicò numerosi articoli su riviste storiche italiane e il saggio Mazzini e Bakunin.
Al confino
Il 3 giugno 1927 venne arrestato e condannato a 5 anni di confino a Ustica; rilasciato nel 1928, viene nuovamente arrestato e condannato a 5 anni di confino a Ustica e Ponza nell'estate del 1929, dopo la fuga da Lipari del fratello. Rilasciato, riprende gli studi e pubblica nel 1932 il saggio Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano.
La fine
Nel maggio 1937 ottiene, su intercessione di Gioacchino Volpe (probabilmente in buona fede) il passaporto, con una sollecitudine che ad alcuni amici, tra cui Piero Calamandrei, parve sospetta e motivata dal fine di arrivare attraverso Nello al rifugio di Carlo

http://it.wikipedia.org/wiki/Fratelli_Rosselli